05 Apr Dei miti e dei misteri surreali di Valerio Ferranti
Dalla china alla pittura ad olio: disegni onirici che comunicano con l’inconscio e con la consapevolezza interiore dell’uomo attraverso una simbologia precisa esoterica e alchemica. Le opere di Valerio Ferranti sono esposte fino al 13 aprile nella sala mostre di Rieti.
di Carlotta Degl’Innocenti
Processi interiori e rivelazioni percettive affondano le verità dell’esperienza esistenziale collettiva. Il percorso gnoseologico intrapreso dall’artista Valerio Ferranti verso la conoscenza della vita e l’esplorazione dei sentimenti umani trascina lo spettatore in fantasiose ricostruzioni surreali del nostro mondo. La simbologia alchemica viene interpretata dall’artista con l’obiettivo di svelare i moti delicati dei nostri pensieri, dei nostri sogni e incubi peggiori. L’ultima produzione, presentata dall’artista a Rieti, propone un’evoluzione pittorica che si appropria, con fermezza, del linguaggio allegorico rinascimentale per esprimere le condizioni attuali della nostra società.
Composizioni illusorie, vuoti esistenziali tratti dalla metafisica e dal teatro dell’assurdo di René Magritte; lievi ironie surreali, dal sarcasmo voyeurista del demiurgo-artista, propongono chiavi di lettura allegoriche che non tralasciano il minimo dettaglio. Un artista che dichiara di guardare il mondo per trasformare in modo tragico o comico la società in cui viviamo. Rivela di conoscere se stesso per capire in questo modo anche gli altri, giungendo a un messaggio universale. “Metto sempre in esame me stesso”, afferma lo stesso Ferranti.
Fin da ragazzo si dedica all’espressione del disegno, ma solo dopo un grave incidente, che lo costringe a restare in casa, con molto tempo a disposizione, l’artista riconosce la pittura come professione; frequenta corsi e laboratori d’arte, fino a quando, come dichiara lui stesso, “non ho costruito un sistema di pittura proprio”.
S’inspira a Mauritius Cornelius Escher, Magritte, Salvadro Dalì, ma si confronta anche con i maestri del passato, del Rinascimento manierista, con l’Arcadia del Guercino e del Tiziano Vecellio. Le sue composizioni sono piene di riferimenti biblici, mitologici e alchemici. Per lui la mitologia è fantascienza pura, è l’universo surreale per eccellenza, nel quale il sogno si esprime nella sua purezza.
L’opera “Manipolio” mostra due vittime al centro della composizione, che rappresentano il dualismo della vita (raffigurata dall’orologio), e gli individui che si contrappongono. Inoltre, spiega l’artista “tra i potenti –
figurati dalle braccia che s’incrociano intorno alla parte centrale del quadro- ci sono sempre delle vittime. Quest’ultime sono imbavagliate e non possono parlare.
Ci sono persone che nascono con la camicia e qui l’ho immaginati con sei dita delle mani, una in più”. Prosegue Ferranti “Tuttavia notiamo che le mani s’incrociano come segno di speranza”.
L’indagine sull’essere umano, i suoi incubi, le sue incertezze, i sui sogni, vuole esorcizzare i sentimenti negativi, nella speranza che l’uomo cambi, suscitando in lui la curiosità perché cresca in modo positivo. “Il mio San Sebastiano – spiega l’artista – è stato un banco di prova. Il mio è stato giustiziato dall’ignoranza e dalle istituzioni. Ma ancora non è un Santo, in quanto i martiri sono vittime della società a causa di una pessima pubblicità”.
A Rieti sono esposte una quindicina di opere, di medie e grandi dimensioni, realizzate tra il 2005 e il 2008. La complessità del pensiero e della ricerca di Ferranti si rivela lineare soprattutto, se prestando attenzione, il fruitore si mette ad ascoltare le proprie sensazioni mentre guarda le opere. Perché i dipinti di Ferranti sono loquaci e narrano di sentimenti umani, di sensazioni interiori e di temi attuali. L’opera intitolata “Frammenti” è un’allegoria del Desiderio. Nel dipinto, una donna rappresentata come frammentata è stata in realtà spezzettata nella vita da coloro che l’hanno desiderata e forse anche posseduta. Sopra al letto sul quale è sdraiata vi è un quadro con un Satiro che la sta bramando. Sull’altra parete, invece, un uomo sta uscendo dal quadro per raggiungerla, ma vicino a lui, una mano tende il torsolo di una mela per svelare “che qui non c’è più nulla da prendere”.
L’artista adopera linguaggi surreali che si esplicitano nei dettagli secondari, grazie anche a dei raffinati giochi linguistici, lavorando sulle similitudini tra il linguaggio verbale e quello visivo, sulla sineddoche, la sinestesia e le personificazioni. I colori delle opere sono molti vivaci, mentre lo stile figurativo dell’artista richiama alla posatezza della linea espressiva manierista contrapposta magari a un ideale compositivo più rinascimentale del Quattrocento, come si evidenzia nei suoi disegni a china. Dove l’artista si lascia più facilmente andare all’ironia, riducendo all’essenza il suo estro surreale. Un’opera che si ricollaga alla tradizione artistica italiana e che interpreta con grande consapelovezza, aggiornandolo, il linguaggio metafisico e surralista.
Carlotta Degl’Innocenti
In pillole:
Senz´azione – Personale di Valerio Ferranti
dal 5 al 13 Aprile 2008
Sala mostre
Rieti
Piazza Vittorio Emanuele II
Orario galleria dal Lunedì al Sabato 11,30 alle 13,00 – 15,30 alle 19,00
Domenica dalle 10,30 alle 13,00 – 15,30 alle 19,00